Palpeggiamenti e palpiti
fra tutti e due discerno
con quanta furia scalpiti
il cuore nello sterno.
I nervi sono fulmini
che abbagliano le membra;
sembra che tutto culmini
in una vetta. Sembra.
Ma quella forza
si placa e smorza,
finisce lì. Non era
poi tutta questa furia.
Pensavo fosse amore
e invece era lussuria.
Ti guardo ed una serie
di cose mi sconquassa:
il sangue nelle arterie
ha la pressione bassa;
sento che aumenta il battito,
si mozza il fiato e resta
in gola, e sono madido
di sudore e la testa
si disorienta,
è sonnolenta
e mi diventa nera.
Gli occhi, così, li abbasso…
Pensavo fosse amore
e invece era un collasso.
Mi sento molto stupido
e contagioso: rido.
È stato un anno cupido
ma non perciò Cupido
a destra e a manca sfreccerà,
perché, sebbene cieco,
sa già quanto sia becera
l’umanità, che spreco
l’amore sia
per noi. Va via,
raggiunge l’alta sfera
di un mito senza età.
Pensavo fosse amore
e invece era chissà.
Qualcuno al buio mormora
una promessa casta
sperando che la formula
funzioni; ma non basta.
Ci rivediamo in un bar
che non esiste più
per fare una macumba
con bambole voodoo
e matrioske
con facce fosche.
Si muta la chimera
in incubo, l’ennesimo.
Pensavo fosse amore
ed era un incantesimo.
Lascio che mi raggiungano
le immagini che spargo.
Il tempo non si allunga, no,
ma si può fare largo.
Io ti scrivevo lettere
appassionate e oscene
e ora potrei scommettere
che le hai buttate: bene.
Mi sembra giusto.
Io te ne imbusto
ancora, con la cera,
e dopo le stropiccio.
Pensavo fosse amore
e invece era un capriccio.
E se anche fosse? Immagina:
se fosse solo questo?
Melensa testardaggine
che serve da pretesto
ai bassi istinti, all’alea
(la freccia di Cupido),
a dare un po’ di sale
alla squallida libido;
che cosa cambia?
La vita è più ampia
così, e vera.
Pensavo fosse amore
e lo era, lo era.
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