domenica 30 agosto 2015

Wittgenstein

Abbiamo ottantadue amici in comune 
ma nonostante ciò 
se ci sposiamo, ci sposiamo in chiesa. 
Le sue domande sono inopportune, 
il sì vuol dire no 
ed ogni sillaba verrà fraintesa. 
Vorremmo stare ancora insieme ma 
purtroppo manco di lucidità. 
È complicato. 

Parliamo a vanvera e mi dice: “Taci!” 
ma nel silenzio so 
che sulle labbra sbocciano gli insulti 
e poco dopo o poco prima i baci. 
Non mi divertirò, 
non come si divertono gli adulti. 
Il corpo è immagine dell’anima 
e l’anima a sua volta di chissà: 
è complicato. 

Voglio morire e voglio fare sesso 
e voglio fare l’uno e l’altro assieme. 
Prendere le distanze da me stesso 
mentre nel coito si disperde il seme. 

Eiaculare ed essere estroflesso 
in quel momento in cui la carne freme 
e l’anima è abbagliata dal riflesso 
di, credo, Dio. Quante parole sceme 

(morire, sesso, Dio) per dire cose 
di cui non è possibile parlare.
Adesso pongono gli status 

Facebook problemi analoghi. Rispose 
a tutto ciò la settima, mi pare, 
proposizione del Tractatus. 

Ecco un’altra volta cito 
senza motivo Wittgenstein. 
Quando qualcuno chiede: “Come stai?” 
faccio finta di non aver sentito.

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